sabato 18 luglio 2015

"Babadook" di Jennifer Kent



“E’ da manicomio!”. Queste sono le parole che, più e più volte, sono uscite dalla bocca di un mio carissimo amico durante la visione di questo film. Un film, un horror, l’horror dell’anno, probabilmente il miglior horror degli ultimi 10 anni. Eh no, non sto esagerando. In Babadook c’è tutto il cinema dell’orrore al suo massimo, usando i migliori trucchi del genere nella meno prevedibile delle storie.



La trama è abbastanza semplice: Amelia è la madre vedova del piccolo Samuel. Ha perso il marito in un incidente stradale proprio mentre stava andando in ospedale per dare alla luce il piccolo. Amelia deve fare i conti con la sua condizione di parziale emarginata anche in famiglia (vittima della micidiale accoppiata vedova + lavoro umile), inoltre Samuel ha seri problemi di relazione e manifesta a volte anche delle crisi epilettiche. Un giorno mentre sono assieme a letto leggendo, incappano in un libro che Samuel trova spaventoso, che narra dell’uomo nero, il Babadook. Da quel momento in poi la loro vita non sarà più la stessa perché una strana presenza infesta la casa e il limite tra sanità mentale e pazzia si fa sempre più labile.

La domanda sorge spontanea: Come mai è il miglior horror dell’anno e probabilmente dell’ultimo decennio? Semplice. Non è il classico horror sull’uomo nero, sullo spauracchio nascosto nell’armadio o dietro la porta, ma qualcosa di molto diverso, qualcosa di profondamente disturbante, angosciante e perturbante. Il Babadook ti entra dentro proprio come dice un verso della filastrocca del libro: “Il Babadook sotto la tua pelle crescerà”.A proposito, per caso notate qualche piccola citazione in questo verso? Non notate qualche piccolo omaggio a quel magnifico film di Cronenberg “Il Demone sotto la Pelle”? Bene, sappiate che non sarà l’unico.

La grandezza di questo film, infatti, è dovuto anche dal fatto che vengono omaggiati e citati grandissimi registi e film di genere senza però perdere il focus dell’originalità dell’opera stessa. In questa pellicola vediamo Amelia guardare su una TV(molto retrò, come molte altre cose in questo film) alcuni spezzoni di Melies o anche il segmento “La goccia d’acqua” de “I 3 volti della paura” del nostro caro Mario Bava. Oltre a questi omaggi espliciti, la Kent dimostra anche la sua grande passione per il Cinema di genere citando “Shining” di Kubrick, “Repulsion” e “Rosemary’s Baby” di Polanski fino ad usare quel sonoro in maniera così intelligente da ricordare tanto il Thriller Assordante che caratterizzava il periodo d’oro di Dario Argento.

Jennifer Kent, a proposito, una regista donna mentre noi tutti continuiamo a dire che l’horror non è un genere per donne, non utilizza i soliti trucchi da Luna Park per spaventare(zero jumpscare signori), ma costruisce un orrore molto stratificato e complesso che incute nello spettatore un disagio. Un disagio che aumenta col passare dei minuti, mostrandoci il mondo senza colore dei due protagonisti(sottolineato da una stupenda fotografia desaturata e dai toni plumbei), fino a quando verso metà film questo disagio diventa angoscia, pazzia, orrore puro trascinandoci nell’oblio più buio e tetro.

Fondamentalmente, i protagonisti sono due emarginati: Lei, vedova dal passato di scrittrice, costretta a fare un lavoro umile, lui, un bimbo con seri problemi relazionali assorto nel mondo della magia e dell’illusionismo. In questo contesto tutt’altro che felice e pieno di contraddizioni tra madre e figlio(infatti, anche se non lo ammetterebbe mai, Amelia vede il figlio come la causa della morte del marito) ha presa facile la suggestione operata da un libro di fiabe illustrato con protagonista questa oscura e minacciosa creatura con cilindro, mantello e unghie alla Freddie Krueger. E’ reale? E’ frutto dell’immaginazione del piccolo Samuel e della Madre Amelia? Come detto, pur citando molti film di genere, la Kent riesce a rielaborare il tutto in qualcosa di nuovo e mai visto, dando quel tocco di originalità che soprattutto negli horror moderni manca.

Babadook non è solo un horror o thriller psicologico(altro genere che si avvicina molto) ma è una struggente storia su una mancata elaborazione di un lutto e sul rapporto contrastato con un figlio a cui si è sempre fatto festeggiare il compleanno in una data diversa da quella vera, per non ricordare.

Altra parte fondamentale di questo horror è l’intelaiatura visiva fatta da scenografie e da inquadrature(molte a camera fissa) angoscianti, con un uso dell’illuminazione semplicemente perfetto. La Kent ha una consapevolezza impressionante del mezzo espressivo, creando un personaggio iconografico che nel giro di poco tempo entrerà nell’olimpo dei personaggi horror.

I detrattori di Babadook diranno che non succede nulla ma non credetegli. L’adrenalina scorrerà a fiumi. Il sangue no.
Un film come questo potrebbe esser rovinato solo ed esclusivamente dal finale. Ma la Kent è riuscita ad azzeccare anche questo. Il finale Perfetto. Metaforico. Magistrale.



Chapeau Jennifer Kent! Hai alzato l’asticella dell’horror moderno.

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